di: Valentina Taddeo
"Ti voglio bene, ma ne voglio di più a me stessa."
Oggi voglio partire da questa frase per raccontarvi cosa ha significato per me e cosa continua a rappresentare ancora oggi.
Voglio condividere il profondo impatto psicologico che essa può avere, specialmente quando si smette di etichettarla come una dichiarazione egoista e la si accoglie per ciò che davvero è: una frase sana, pronunciata da una persona sana, che ha imparato ad amarsi.
Raggiungere una consapevolezza del genere non accade dall’oggi al domani. Non basta affrontare una serie di esperienze negative per arrivarci. A volte, dopo milioni di difficoltà, è sufficiente un’unica delusione, quella che sembra scuotere tutto dentro di noi, a farci comprendere quanto sia fondamentale bastare a noi stessi.
"Ti voglio bene." Parole semplici e comuni, che usiamo in tanti rapporti: con amici, familiari e persino nelle fasi iniziali di un legame che potrebbe trasformarsi in amore. Per alcuni di noi, più fortunati, questa frase è stata un’abitudine, qualcosa che siamo cresciuti ascoltando e ripetendo. Altri, invece, l’hanno sentita meno, ma l’hanno percepita attraverso gesti più che parole.
Ci sono però persone che la pronunciano senza comprenderne appieno il significato, oppure che la interpretano come una promessa implicita, carica di aspettative. Pretendono dimostrazioni continue da chi la dice, come se ne avessero diritto, usandola inconsapevolmente per colmare vuoti e ferite emotive che non riescono a gestire da soli.
Questa dipendenza da attenzioni esterne spesso si traduce in pressioni, richieste, e persino comportamenti manipolativi verso chi ha semplicemente espresso affetto.
Inevitabilmente, ciò spinge le persone a fuggire, sopraffatte dal peso delle aspettative e dal carico emotivo che viene riversato su di loro, incapaci di reggere il "caos interiore" che non appartiene a loro, ma che viene trasferito in modo inconscio e irrisolto.
Non molto tempo fa, anch’io mi trovavo nella stessa situazione: cercavo costantemente conferme e sostegno negli altri.
È servito un incontro, tra tanti sbagliati, che mi ha stravolta e paralizzata dalla delusione. Come un uragano devastante, quella esperienza mi ha spinta a intraprendere un percorso che, ad oggi, si sta rivelando il più importante della mia vita: il viaggio verso me stessa.
Grazie a questo cammino, ho imparato a riconoscere immediatamente chi manifesta tratti disfunzionali o dipendenze affettive.
Se da un lato provo compassione per chi rimane bloccato in un eterno limbo, dall’altro ho imparato a stabilire confini sani con le persone intorno a me. Soprattutto, ho compreso quanto sia essenziale proteggere il mio spazio vitale, decidendo con consapevolezza chi può oltrepassarlo e chi no.
Ero solita esagerare nel giustificare e nel mettere al primo posto gli interessi della persona che amavo, o persino quelli di alcune amicizie. Mi annullavo, convinta che solo attraverso il loro amore o la loro approvazione potessi sentirmi una donna di valore, meritevole di affetto.
Facevo sempre un passo indietro, spinta dalla paura di perdere chi avevo accanto. Ero precisa, attenta e meticolosa, pronta a fare qualsiasi cosa – persino acrobazie – pur di non perderli e pur di mantenerli nella mia vita, anche quando ogni segnale mi diceva che non lo meritavano.
Non mi ponevo mai una domanda fondamentale o, meglio, evitavo di ascoltarne la risposta: perché accettavo meno di quanto davo? Perché non riuscivo a lasciar andare senza elemosinare affetto?
La verità è che, ogni giorno, milioni di donne si trovano a vivere situazioni simili, senza rendersi conto che le radici di questa insicurezza affondano nella loro storia personale, spesso nell’infanzia o nel contesto familiare.
Non è chi hanno davanti a renderle insicure, ma ciò che portano dentro.
Molte persone, soprattutto amiche, mi hanno confidato storie che sembrano fotogrammi di un passato che, per fortuna, mi appare sempre più lontano. Racconti di donne incapaci di staccarsi da chi le tratta male, da chi le manca di rispetto. Rimangono intrappolate in un’idealizzazione del proprio partner, pronte a fare da "zerbino" nella speranza che lui si ravveda un giorno e riconosca il male fatto. Piuttosto che fare un passo indietro e andarsene, preferiscono aspettare.
Perché? Perché ci hanno insegnato a dire "ti voglio bene" agli altri, ma non ci hanno mai insegnato a voler bene a noi stesse.
La spiegazione è semplice: se da piccoli non siamo stati amati per ciò che siamo, impariamo a cercare l’approvazione di chi desideriamo ci ami. Diventiamo disposti a tutto – perfino a tollerare l’intollerabile – pur di ottenerla. Impariamo a dare molto più di quanto riceviamo, convincendoci che tutto dipenda dal nostro impegno. "Se non ci impegniamo abbastanza, la relazione finirà", ci diciamo.
Quello che siamo stati da bambini, e il modo in cui siamo cresciuti, influenza profondamente l’adulto che diventiamo. Ma questo non significa che siamo condannati a ripetere all’infinito i cicli del passato, né che dobbiamo abituarci a vivere tra montagne russe emotive e gesti eclatanti come i "love bombing".
Al contrario, dobbiamo imparare a disinnescare questi meccanismi. Perché chi è "sano" ed emotivamente equilibrato li riconosce e si allontana subito, consapevole di meritare rapporti più autentici.
Le relazioni sane nascono coltivando un dialogo sincero, rispettoso e graduale, in cui ognuno si sente libero di essere se stesso e di crescere insieme all’altro.
La vera magia nasce dall'incontro tra due persone emotivamente "sane" e mature. Quando ciascuno è in grado di prendersi cura di sé stesso e l'energia che ci si scambia è fatta di armonia e serenità. È un cammino condiviso, lento e rispettoso, dove nessuno si sente gravato dal compito di "salvare" l'altro o di farsi carico, fin da subito, dei suoi conflitti interiori. Così si evita di portare pesantezza e insicurezze e si lascia spazio a una connessione autentica e leggera.
La salute mentale è importante quanto quella fisica. E proprio come il corpo, anche la mente va curata e protetta.
Imparate a riconoscere i rapporti tossici e ad allontanarvi da chi vive in conflitto con sé stesso, incapace di portare stabilità nelle vostre vite. Voi non siete né crocerossine né psicologhe di nessuno.
Non dovete accollarvi pesi che non vi appartengono. Chi vi chiede di farlo, spesso non ne è consapevole.
Imparate a dire "no" senza paura.
Imparate a liberarvi dai sensi di colpa che vi tengono imprigionati.
Imparate ad allontanarvi da chi rovina le vostre giornate con la sua instabilità emotiva.
Le persone tossiche esistono, ma il vero dono è imparare a riconoscerle e a lasciarle andare.
Coltivare la propria salute mentale vi permetterà di farlo, proteggendo il vostro equilibrio e il vostro benessere.
Oggi so con certezza che chi mi ha ferito in passato non avrebbe mai trovato spazio nella mia vita, nemmeno per un giorno in più,
se mi avesse incontrata adesso.
Perché ora ho imparato a dire: "Ti voglio bene, ma ne voglio di più a me stessa".
Aggiungi commento
Commenti