Never Again

 

 

di: Valentina Taddeo

 

Per scrivere, bisogna prima vivere, immergersi nelle emozioni e negli eventi che si intrecciano lungo il proprio percorso.

È uno spazio che ci si prende, lontano dai pensieri ossessivi e dalla frenesia mentale. Uno spazio necessario per evitare il burnout emotivo, spesso alimentato dalle aspettative altrui e da quelle che imponiamo a noi stessi.

 

Scrivere è come intraprendere un cammino, simile al pellegrinaggio spirituale di Santiago: non solo il corpo si allena, ma anche l’intera mente viene messa alla prova e trasformata.

Questa trasformazione richiede di abbattere le fondamenta su cui si basavano le vecchie strutture della nostra psiche, per ricostruire nuovi schemi di pensiero e comportamento, gettando le basi di una versione rinnovata del nostro "io".

 

Può sembrare un concetto astratto, quasi filosofico, ma in verità è ciò che sperimentiamo ogni volta che la vita ci costringe a fermarci.

Non si tratta di un riposo fisico, bensì emotivo, un momento in cui ci troviamo a esplorare nuovi territori, incontrare persone diverse, affrontare nuovi lavori o, semplicemente, riscoprire chi siamo.

Come se l’immagine riflessa nello specchio fosse improvvisamente quella di uno sconosciuto, un’ombra di qualcosa che apparteneva al passato.

Serve coraggio, tanto coraggio. Ma serve anche qualcosa di altrettanto importante: infinita pazienza.

 

Personalmente, non sono mai stata una persona paziente. Ho sempre preteso risultati immediati, da me stessa e dagli altri, rincorrendo obiettivi elevati, spesso irraggiungibili.

La vita, però, mi ha dato una delle sue lezioni più dure: mi ha costretta a rallentare, a vivere in una nuova dimensione temporale, una sorta di bolla, in cui il supporto degli altri non è più prioritario per me.

È un cammino che ho dovuto, e continuo tuttora, ad affrontare da sola, nonostante la presenza di affetti preziosi intorno a me. 

 

Ci sono ferite, ombre profonde dentro di noi, che non possiamo cancellare. Non si possono eliminare, ma con il tempo si possono cicatrizzare, come tatuaggi indelebili che diventano parte integrante di chi siamo. Ho imparato che queste cicatrici non vanno nascoste o negate, ma valorizzate. Possono essere trasformate, da buio soffocante a luce esperienziale. Una luce calda, capace di illuminare il cammino e di offrirci una nuova prospettiva, più matura e consapevole.

 

Se qualcuno ti ha ferito\a, non cercare altri occhi per riempire il vuoto che senti dentro. Se avverti la mancanza di una persona o desideri una connessione profonda con qualcuno, non forzare le cose con gesti estremi, nemmeno nelle amicizie. Quella luce, quella forza interiore, ti insegnerà a costruire confini sani, a riconoscere e allontanare coloro che invadono il tuo spazio con eccessi di parole, messaggi o attenzioni. Proteggi il tuo equilibrio.

 

Se ti trovi in un momento di cambiamento personale, sia esso lavorativo o emotivo, abbi il coraggio di fermarti. Metti in pausa tutto e dedica tempo a te stesso. Anch’io, per anni, mi sono comportata come un soldatino instancabile, sempre in marcia, spesso in direzioni che non mi appartenevano davvero. Era quello che mi avevano insegnato: non ci si ferma mai. Ma a lungo andare, vivere così porta solo a una vita che non senti tua, fatta di frustrazioni e di una crescente mancanza di amore per se stessi.

Ho imparato a guardare il bicchiere mezzo pieno quando mi è stato consigliato di approfittare di questa pausa per ricostruire la mia vita. Una pausa per scoprire, una volta per tutte, chi sono e cosa amo davvero. Senza sensi di colpa. Senza rancori. E soprattutto, imparando a dire "no" a chi cercava di indirizzarmi verso percorsi scelti da loro, non da me.

 

Il tempo e la pazienza sono privilegi, doni preziosi. Se usati nel modo giusto, possono trasformare la nostra vita. Possono liberarci dal peso di essere ciò che dovremmo essere, o di cercare di compiacere gli altri, per ritornare invece a vivere una vita che porta luce e significato.

 

Quelle ferite oscure, quei solchi neri, possono essere trasformati in ponti luminosi. Ponti che ci collegano al resto del mondo, attraversati con lentezza e protetti da confini che nemmeno sapevamo di poter creare.

 

E cosi, quel periodo di stallo lavorativo è diventato un’opportunità per interrogarmi, per chiedermi perché avessi abbandonato i miei desideri per inseguire quelli degli altri. Ho capito che agire per senso di colpa o per compiacere è l’arma più distruttiva che possiamo usare contro noi stessi.

 

Trasformate ogni ferita buia in un fascio di luce.

Trasformate la confusione in nuove possibilità.

Trasformate l’attesa in un viaggio interiore insieme a voi stessi.

 

Non avete bisogno di qualcuno che ripari i vostri pezzi o che vi dica cosa fare. Nessuno può aggiustarvi, se non voi stessi.

Allontanate chi cerca costantemente compassione o chi riversa su di voi il peso delle sue lacrime, senza mai imparare ad affrontare le sue sfide da solo.

Fidatevi di voi stessi, non di coloro che cercano di creare connessioni personali con l’eccesso, con l’invasione del vostro spazio.

Non tutti sanno convivere con il proprio silenzio. Non tutti sono disposti a trasformare le loro ombre in luce. Troppi aspettano di essere "salvati".

 

Tu non aspettare.

Diventa la tua metà mancante.

 

È l’unico ingrediente che potrà davvero cambiarti la vita.

 

 

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Commenti

Gerry
10 mesi fa

Tranne diventa la tua metá mancante 🙄 ... mi é piaciuto davvero. Sembra che tu finalmente sia pronta per iniziare a dare valore alle cicatrici che porti.
Faccio il tifo per te.