di: Valentina Taddeo
Può la distanza sanare le ferite che essa stessa ha generato?
È una domanda complessa, eppure, in un certo senso, estremamente semplice.
Le relazioni, siano esse familiari o di coppia, spesso si costruiscono su legami profondi fatti di aspettative, dipendenze emotive e affettive. Questi legami, che variano per intensità, sono inevitabilmente influenzati dai vuoti interiori che ciascuno di noi si porta dentro.
Consideriamo, ad esempio, un rapporto conflittuale tra un genitore e un figlio.
Un genitore, incapace di amare con confini sani e inconsapevole delle proprie azioni, può esercitare una pressione costante sul figlio. Quest’ultimo, intrappolato in una "gabbia dorata" di attenzioni non richieste, potrebbe percepirle come oppressione.
Spesso, dietro a questi comportamenti, si celano ferite irrisolte del genitore, che manifesta il suo affetto in maniera disfunzionale, alternando critiche incessanti a una scarsa riconoscenza.
Il figlio, soffocato da questo ambiente, tenderà a cercare spazio altrove, lontano dal controllo genitoriale.
Eppure, con il tempo e grazie alla distanza fisica, potrebbe iniziare a sentire la mancanza di quel legame. È proprio attraverso la distanza che il rapporto può rigenerarsi, trovando un nuovo equilibrio basato su confini più chiari e sani.
Questi confini, inizialmente causa di una frattura, possono diventare le fondamenta su cui costruire un rapporto più saldo e armonioso.
Ma quanto di tutto ciò può essere applicato anche ai rapporti di coppia?
L’amore può essere espresso in molte forme diverse.
Proprio come accade tra genitore e figlio, nei rapporti di coppia uno dei partner può cercare di offrire ciò che a lui o lei è sempre mancato, o ciò di cui sente di avere bisogno.
Siamo tutti il risultato delle nostre esperienze. L’infanzia e i modelli affettivi appresi in famiglia influenzano profondamente il nostro modo di amare e di percepire l’amore nell’età adulta.
Ad esempio, chi è cresciuto senza amore o senza riconoscimento da parte dei genitori potrebbe sviluppare una forte autonomia personale, ma al contempo trovare difficile costruire legami affettivi duraturi e sani.
Abituato a prendersi cura solo di sé stesso, potrebbe restare distaccato dalle proprie emozioni e dall’amore, temendo di perdere la propria identità o indipendenza.
Spesso evitante e disilluso, potrebbe rifuggire l’intimità profonda, sabotando le relazioni nei momenti di maggiore coinvolgimento emotivo.
Non avendo mai sperimentato una reciprocità affettiva, fatica a prendersi cura degli altri e, di conseguenza, della relazione stessa.
All’opposto, chi ha vissuto l’abbandono o un costante senso di colpa per l’assenza di una figura genitoriale potrebbe diventare un adulto che cerca continuamente conferme. In una relazione di coppia, vivrà con grande intensità, quasi come un riscatto emotivo per colmare i vuoti lasciati dal passato.
Queste persone investono tantissimo nei legami e non danno mai nulla per scontato, ma potrebbero essere molto esigenti nel bisogno di rassicurazioni emotive.
Se confrontassimo queste due tipologie di persone, vedremmo come entrambe portano con sé profonde mancanze affettive.
Tuttavia, queste carenze si manifestano in modi opposti nell’età adulta.
Potrebbe, anche in questi casi, la distanza fisica aiutare a risolvere alcune dinamiche disfunzionali? Potrebbe favorire la creazione di confini più sani?
La risposta dipende sempre dai punti di vista.
Ma una cosa è certa: la distanza, così come nei rapporti genitore-figlio, può aiutare a ridefinire i concetti di "amare" e "essere amati".
Non si tratta di una separazione definitiva, ma di un’opportunità per ridefinire il legame e trovare un equilibrio più sano per entrambe le parti.
Nei rapporti di coppia, specialmente quando entrambi i partner condividono ferite affettive, la soluzione non risiede nel tempo o nella distanza, ma nel cambiamento. È necessario affrontare il proprio passato, chiudere i "cassetti aperti" dell’infanzia e fare spazio a una nuova consapevolezza: amare ed essere amati è, in fondo, parte della nostra natura umana.
Immaginate un bambino che non ha mai ricevuto un “ti voglio bene” o che non è mai stato elogiato per i suoi piccoli successi.
Da adulto, trovarsi in una relazione con una persona che lo riempie di complimenti e supporto potrebbe destabilizzarlo.
Non avendo mai vissuto queste emozioni, all’inizio si sentirebbe confuso e spaesato.
Ora pensate a un altro bambino, cresciuto nel dubbio di essere davvero amato. Da adulto, affronterà ogni relazione con insicurezza, chiedendosi se ciò che fa sia sufficiente per essere accettato e compreso. Per lui sarà un cammino lungo, ma necessario, per comprendere che non è il “quanto” si fa, ma “come” si ama: questa differenza è ciò che realmente conta.
Due realtà apparentemente opposte, ma in fondo molto simili.
Entrambe temono ciò che non conoscono: l’amore e le emozioni che ne derivano.
Eppure, proprio nell’incontro tra questi due mondi, potrebbe celarsi la chiave per un cambiamento profondo e definitivo.
Perché la felicità non si trova nella paura, ma nel coraggio di affrontarla.
Non importa se quei due bambini non hanno imparato a riconoscere l’amore nel modo giusto.
A un certo punto della loro vita cresceranno.
E non sarà la paura a guidarli, ma quella nuova felicità che avranno finalmente scoperto.
Perciò, non lasciate che l’orgoglio vi allontani dalle persone che amate. Altrimenti, sarà la nostalgia a presentarvi il conto.
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