Il Principe azzurro: storie di favole mai raccontate

di: Valentina Taddeo

 

Quante donne sognano ancora le favole, immaginandosi principesse in attesa del loro principe azzurro?

La risposta è semplice: moltissime, forse la maggior parte.

 

Ma vi siete mai chieste se questa convinzione ci sia stata inculcata o se sia un ideale radicato dentro di noi fin dall'inizio?

 

Anche qui, la risposta è abbastanza chiara. Tutto ciò nasce da un mix di influenze: libri, cartoni animati, film romantici con il classico finale "vissero felici e contenti", e naturalmente le voci di mamme, nonne, zie e parenti. Quelle stesse voci che, con insistenza, ci chiedono quando decidiamo a "sistemarci" o se c’è un fidanzato all’orizzonte, pronte a liberarci dall'etichetta di “single” che, per loro, è quasi un difetto imperdonabile.

 

Sembra quasi che il mondo sia diviso in due grandi categorie: i single, quei poveri disgraziati, e gli accoppiati, che spesso vengono (erroneamente) considerati automaticamente felici.

E così, come se non bastassero le ansie sullo studio o la ricerca di un lavoro, arrivano quelle sul matrimonio, sui figli e tutto il resto.

Ogni fase della nostra vita è accompagnata dalla perenne domanda: "...e adesso?".

Niente tregua. Nessun errore ammesso.

 

Esiste un calendario immaginario che dobbiamo seguire, scandito dalle aspettative della famiglia, dove ogni passo sembra dover rispettare tempistiche ben precise. E a ricordarcelo sono proprio loro, il parentado. Tutti, nessuno escluso.

Ma quando parliamo di emancipazione femminile (mi scuseranno gli uomini, ma qui voglio rivolgermi esclusivamente al gentil sesso),

non dovremmo includere anche il libero arbitrio? Ovvero, il diritto sacrosanto di scegliere, di non accettare una relazione che non funziona, e di non sentirci in colpa se non troviamo la persona giusta e decidiamo di non accontentarci?

 

Crescendo, impariamo a nostre spese che non tutti gli uomini che incontriamo sono quelli con cui possiamo vivere il nostro “e vissero felici e contenti”. E, con grande difficoltà, ci allontaniamo da queste illusioni, senza però rinunciare all’amore.
Ma sentirci persino in colpa per non aver ancora costruito ciò che "alla nostra età dovremmo avere" è un peso che ci viene imposto come fosse un fallimento.
Le voci esterne non fanno che ripeterlo, e alla fine, lentamente, quelle stesse convinzioni si insinuano nella nostra mente fino a farci dubitare. Siamo spinte a credere che forse quell'amore vero che sogniamo non arriverà mai.

 

Mi sono spesso detta, e continuo a ripetermi, che è meglio accorgersi in tempo della qualità di una relazione, piuttosto che vivere di briciole solo per paura della solitudine.

 

Molte donne, influenzate da questa mentalità, soprattutto in ambito familiare, non riescono ad esercitare il proprio libero arbitrio in amore. Restano bloccate in relazioni infelici, venerando un legame che le fa soffrire, unicamente perché credono che solo con un uomo accanto la loro vita abbia valore. Senza, si sentono incomplete.

Altre, invece, cercano disperatamente amore nei posti sbagliati e in persone sbagliate, mosse da una "fame d'amore". Spesso questa fame deriva da vuoti affettivi o familiari, che le rendono incapaci di riconoscere relazioni tossiche. Sopportano l'infelicità, incapaci di dire “basta”, idealizzando un uomo o una relazione e soffrendo nel vano tentativo di aspettare un cambiamento che probabilmente non arriverà mai.

 

Ogni donna combatte la propria battaglia nella ricerca di un compagno. A volte, è la pressione sociale a schiacciarla; altre, è la mancanza di autostima che la spinge verso relazioni sbagliate, nel disperato tentativo di colmare quell’amore che non ha mai avuto o che le è sempre mancato.

Forse, invece di raccontarci da bambine la favola del principe azzurro, o di chiederci costantemente "a che punto siamo con la nostra vita sentimentale", sarebbe più sano chiederci semplicemente "Tu come stai?".

Perché questa domanda è infinitamente più importante del "come staresti se avessi qualcuno accanto?".

 

Il punto è proprio questo: non abbiamo bisogno di una stampella o di un cavaliere che ci salvi dal nostro cammino solitario, come se la solitudine fosse sinonimo di fallimento. Abbiamo, invece, bisogno di imparare ad amarci, da sole, senza il peso degli stereotipi familiari o sociali.

Dobbiamo riempirci d’amore per noi stesse prima di cercarlo in qualcun altro. Solo così possiamo costruire relazioni sane, basate su uno scambio autentico ed equilibrato. Perché, se questo non succede, rischiamo di cadere preda dell’angoscia o di rincorrere storie sbagliate.

Una relazione giusta nasce da due persone sane, non da una che si sacrifica per aggiustare l’altra.

 

Amatevi.
Abbiate cura di voi stesse.
Non permettete a nessuna relazione sbagliata di farvi credere di non meritare amore.
L’amore vero arriva quando due anime si incontrano per gioire della felicità l’una dell’altra, non per colmare vuoti o salvarsi a vicenda.

Cercate qualcuno con cui condividere i momenti bui, ma soprattutto con cui celebrare la luce.

 

L’amore si nutre di luce, non di miti ingannevoli o speranze illusorie.

 

Vi consiglio un libro che, a mio parere, si sposa perfettamente con questo tema:
"La principessa che credeva nelle favole", di Marcia Grad Powers.

(disponibile anche su Kindle)

 

Buona lettura!

 

 

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